LA BONTÀ NEGLI ARGENTI BOLOGNESI DEL XVIII SECOLO
La riforma dello statuto degli orefici del 22 gennaio 1672, ribadendo quanto previsto dagli statuti precedenti, così recita:
E per Lavori d'Argento di Grosseria, ò sia Mazzonaria, come sono Baccini, Boccali, Bocchie, Tazze
di tutte le grandezze, Vasi, Bicchieri, Candellieri, di tutte le sorti, Piatti Tondi, Panatiere, Scaldavivande, &
ogn'altra qualità di Vasi spettanti alla Grosseria, e per le cose spettanti alle Chiese, come Croci, Candellieri,
Lampade, Turriboli, Navicelle, Paci, Calici, Patene, Ornamenti da Quadri di Pittura, di Specchi, &
ogn'altra cosa simile, si ordina, e statuisce, che tali Lavorieri debbano essere, & effettivamente siano alla
bontà di onze dieci, e danari ventidue per libra, [ 909/000 n.d.r] senza verun rimedio , e tali Lauorieri
doveranno esser bollati dal Maestro, che gli haverà fabbricati col Bollo suo proprio, il quale vogliamo sia
uniforme all'Insegna, che tiene su la sua Bottega, il rincontro del qual Bollo doverà dallo stesso Maestro esser
stato presentato al Massaro, & Ufficiali per ritenersi con gli altri nella Casa della Compagnia dentro la Cassa
degli Ufficij, & in oltre doveranno esser bollati col Bollo di uno delli due publici Assaggiatori, i quali per i
Lavorieri che non eccederanno il peso di una libra [ circa 360 grammi n.d.r.], potrà valersi del
Paragone, ò della Chiappola , ma essendo il Lavoriere di maggior peso, doverà farne il Saggio
col fuoco, e trovandolo alla Bontà sudetta, bollarlo col Bollo publico [leone rampante con
stendardo n.d.r.], e proprio senza del quale non vogliamo, che si possi vendere, come Argento
alla bontà sudetta di onze dieci, e denari ventidue per libra di fino.
Tutti gli altri Argenti, come Cocchiari Forcine, Moccatori, Campanini, Reliquiarij, Crocette , Scodellini,
Scattolini, Centure, Finimenti di Bandoliere, Fibbie, Centurini, & ogn'altra cosa simile,
doveranno esser in bontà non minore di onze nove, e denari venti del fino [819/ooo n.d.r.], per
ogni libra senza verun rimedio e simili Lavorieri, quando non siano minori nel peso di un'onza
[circa 30 grammi n.d.r.] , doveranno esser bollati dal Rettore pro tempore con il Bollo della
Compagnia [ il Calice n.d.r.], & in oltre contrassegnati con un Bollo proprio dello stesso Rettore, da
darsene dal medesimo prima d'entrare nell' Ufficio un Impresso al Massaro della Compagnia per conservarlo,
come sopra.
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Bollo pubblico: leone rampante con stendardo (a sinistra)
Bollo della Compagnia: calice (a destra)
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Queste due bontà dette rispettivamente di Roma e di Bologna continuano ad essere usate fino alla
fine del XVIII secolo, tuttavia, non si trovano oggetti bollati con il calice che risalgano alla prima
metà del '700, salvo un'eccezione di cui tratterò più oltre. Non è chiaro se la prescrizione dello statuto sia stata disattesa o se questo sia dovuto
al fatto che la quasi totalità degli argenti minori siano stati fusi o dispersi. Solo verso la metà del
secolo si cominciano a rilevare oggetti, che portano il bollo del calice impresso mediante
punzonatura, insieme al bollo personale del rettore in carica . Si tratta di argenti anche importanti,
come ostensori, turiboli, pissidi ecc., segno evidente che la bontà di 10 once e 22 denari, a quella
data, non era più obbligatoria per questi oggetti.
Contemporaneamente si cominciano a rilevare anche oggetti, di "grosseria" e non, bollati con vari
marchi che esprimono la seconda bontà di 9 once e 20 denari in simboli e numeri, questi però,
insieme al bollo personale del pubblico assaggiatore.
Questi marchi sono censiti sul Bulgari Calissoni (nota 1) con i numeri 2457,2479,2480,2483 e 2486 e sul
Bulgari (nota 2) con i numeri ( in rosso) 2388, 2392,2393 e 2401
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Marchi censiti sul Bulgari Calissoni
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A parte la dimensione (il 2479 sarebbe lungo circa 9 mm contro i circa 8 del 2483), le differenze
formali tra i marchi 2479 e 2483, sono minime e difficili da rilevare
nella punzonatura sul pezzo, spesso parziale o consunta, e questo
può spiegare il motivo per cui questo marchio non è stato
riconosciuto come diverso dal Bulgari. Oltre a questi è stato rilevato
anche un altro marchio della seconda bontà che ha la
particolarità di avere solo la scritta in campo libero, rientrante
rispetto alla superficie del manufatto, anziché in rilievo rispetto al
fondo del bollo come negli altri casi.
Questo bollo è stato rilevato due volte, sempre accompagnato dal carciofo di Benedetto Rinieri e dal
merco del San Domenico di un argentiere non identificato (2400 e 2627 in Bulgari (nota 2)).
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Marchio della seconda bontà che ha solo la scritta in campo libero rientrante
rispetto alla superficie del manufatto anziché in rilievo
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Con la stessa tipologia di simboli e numeri dei marchi censiti sul Bulgari Calissoni (nota 1) si trovano, seppur più raramente, anche marchi di bontà diverse, sia dalla bontà di Roma (10 once e 22 denari)
che da quella di Bologna (9 once e 20 denari), comprese fra la prima e la seconda.
Né nel libro di Bulgari, né in quello della figlia si fa cenno a queste bontà ed ai relativi bolli, anche
se, nelle schede dell'archivio Bulgari, oggi presso l'università di Siena, dipartimento di Arezzo, vi
sono due schede che si riferiscono a bontà diverse da quelle "ufficiali" di Roma e Bologna.
La scheda con numero di inventario 711 riporta un bollo rilevato su di una lampada con la bontà di 10 once e 14
denari (882/000).
Sulla scheda appare la scritta a matita DUBBIO dovuta forse al fatto che il simbolo delle once è a rovescio, non
si sa se per un errore del disegnatore che ha rilevato il marchio o, forse, dell'incisore.
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scheda con numero di inventario 711 riportante un bollo rilevato su di una lampada con la bontà di 10 once e 14 denari (882/000) (per gentile concessione del Laboratorio di Storia e Tecnica dell'Oreficeria, Arezzo)
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L'altra scheda, con numero d'inventario 194, fa riferimento ad una delle più enigmatiche punzonature che mi è capitato di vedere.
Si vede il leone usato da Marcantonio Sartori (1) battuto due volte, quasi per obliterarlo, un marchio
incompleto (2) P. (probabilmente P.R di Paolo Rinieri), si distingue la sagoma di S. Filippo Neri
(4), contrassegno personale del Sartori, anche questa parzialmente obliterata da qualche
sovraimpressione, ed un bollo di bontà (5), anche questo parzialmente sovraimpresso, che termina
per D18 ( 18 denari). E' evidente che la presenza contemporanea del bollo di garanzia della Città,
che significa una bontà di 10 once e 22 denari, e di un altro bollo per una diversa bontà è una
contraddizione e quindi l'interpretazione di questa punzonatura rimane oscura.
Se queste erano le due sole evidenze di bontà "anomale" rilevate dai ricercatori all'epoca, non stupisce che non se ne faccia menzione nel libro.
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scheda dell'archivio Bulgari con numero di inventario 194
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Ho potuto però rilevare, diversi oggetti con bontà diverse dalle "ufficiali".
Qualche volta la bontà è incisa manualmente, ma altre volte è un bollo punzonato; riporto qui sotto
alcuni esempi
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Punzonature sono state rilevate su alcuni oggetti dell'Arcidiocesi di Bologna.
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Un altro bollo, molto consunto ma ancora riconoscibile, per la bontà di 10 once e 6 denari
(854/000) è presente su di un mestolo della mia collezione, insieme alla palma della bottega dei
Gambari (2508 in Bulgari(2)) ed al bollo di un assaggiatore troppo consunto per essere identificato
con certezza, ma con ogni probabilità si tratta del contrassegno personale di Marco Antonio Sartori.
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Bollo, molto consunto ma ancora riconoscibile, per la bontà di 10 once e 6 denari (854/000).
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Questi esempi, anche se pochi rispetto alla gran quantità di oggetti bollati con le bontà "ufficiali" dimostrano che anche a Bologna, nella seconda metà del XVIII sec. erano ufficializzate, o almeno
ufficialmente tollerate, diverse bontà inferiori alla prima, come d'altra parte succedeva a Roma da
più di mezzo secolo dove, oltre alla bontà di Carlino esistevano molte bontà inferiori denominate in
baiocchi (centesimi di carlino) da 95 fino anche a 70 baiocchi ( circa 676/000).
L'eccezione
Esiste un calice, datato 1700, visibile al seguente indirizzo
http://www.beweb.chiesacattolica.it/benistorici/bene/154301/
nel quale si può notare la presenza del Bollo della Compagnia insieme al bollo di un argentiere ancora non identificato, attivo tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo e censito dal Bulgari (nota 2) col numero 2616.
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Bollo su calice datato 1700.
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E' presente un altro bollo, non censito in alcun repertorio a me noto, nel quale sembra riconoscersi l'immagine di un moro bendato rivolto verso destra. Potrebbe trattarsi della variante del merco di Domenico Maria Benati, che tiene in quegli anni la bottega all'insegna del Moro, precedente a quella censita dal Bulgari (nota 2) col numero 2439, che è stata rilevata con i marchi di garanzia di Giacomo Antonio Falconi, dopo, quindi, il 1720.
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Bollo di argentiere non identificato e Bollo con l'immagine di un moro bendato rivolto verso sinistra
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Il Benati è stato numerose volte massaro dell'arte degli orefici, e potrebbe essere stato, in questo caso, il rettore in carica.
Rimane però senza spiegazione il fatto che per questo lavoro di "grosseria" sia stata ammessa una bontà inferiore a quella di Roma, come invece prescritto dallo statuto.
RIFERIMENTI
1) Maestri argentieri gemmari e orafi degli stati della Chiesa / Anna Bulgari Calissoni
Roma: Cornelia, [2003]
2) Argentieri, gemmari e orafi d'Italia: notizie storiche e raccolta dei loro contrassegni con la
riproduzione grafica dei punzoni individuali e dei punzoni di Stato / Costantino G. Bulgari
Roma: L. Del Turco : [poi] U. Bozzi: [poi] F.lli Palombi
Andrea Menarini
- 2017 -
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